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News di settoreLa riforma Cartabia sulla sospensione delle delibere condominiali: un’opportunità mancata.

2 Aprile 2023
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Tra le misure per l’efficienza del processo civile introdotte dal D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. “Riforma Cartabia“) figurano alcune modifiche alla disciplina processuale delle impugnazioni delle deliberazioni assembleari in ambito condominiale.

In maggior dettaglio, la riforma ha modificato:

  1. L’ultimo comma dell’ 1137 c.c., il quale prevede che: “L’istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell’inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione della deliberazione. Per quanto non espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I del Codice di procedura civile”;
  2. Il 6° comma dell’ 669 octies c.p.c., il quale statuisce che: “Le disposizioni di cui al presente articolo ed al primo comma dell’articolo 669 novies non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’articolo 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dell’articolo 688 e ai provvedimenti di sospensione dell’efficacia delle delibere assembleari adottati ai sensi dell’articolo 1137, quarto comma, del Codice Civile, ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito”.

Il legislatore, pertanto, ha inteso escludere l’obbligatorietà dell’introduzione del giudizio di merito a seguito di ricorso cautelare volto a richiedere la sospensione dell’efficacia delle delibere assembleari, adottate ai sensi dell’articolo 1137 quarto comma del codice civile, ferma restando la facoltà di ciascuna parte di instaurare il giudizio di plena cognitio per conseguire l’efficacia di cosa giudicata a norma dell’art. 2909 c.c.

La riforma ha finanche previsto, come logica ed inevitabile conseguenza delle modifiche normative superiormente richiamate, che l’estinzione del giudizio di merito non determini neppure l’inefficacia dei provvedimenti cautelari di sospensione dell’efficacia delle deliberazioni assembleari emessi in corso di causa.

In sostanza, al procedimento per la sospensione delle delibere condominiali sono state estese quelle misure che la L. 14 maggio 2005, n. 80 aveva già introdotto con riferimento ai provvedimenti:

a) d’urgenza, resi ai sensi dell’art. 700 c.p.c.;

b) anticipatori degli effetti della sentenza di merito, di denunzia di nuova opera o di danno temuto.

Sono facilmente desumibili i motivi che hanno spinto dapprima il legislatore del processo societario (con l’art. 23 del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5) e poi quello del processo ordinario a scardinare la fisionomia della strumentalità della tutela cautelare: si presume che il ricorrente, il quale abbia ormai pienamente conseguito dalla misura d’urgenza il bene della vita cui ambiva con la sua domanda, non possa più avere interesse alcuno acché venga duplicato l’accertamento giudiziale del suo diritto in sede di cognizione piena, se non quello di “stabilizzare” gli effetti della decisione cautelare ed ottenere la refusione delle spese di lite.

Ciononostante la riforma Cartabia, sul punto, si è rivelata alquanto inidonea al raggiungimento dello scopo che si è prefissato, ovverosia quello di snellire e velocizzare il processo civile, in quanto il legislatore avrebbe potuto (e dovuto) modificare il sopracitato art. 1137 c.c. prevedendo l’interruzione del termine per l’impugnazione della deliberazione condominiale con il deposito del ricorso cautelare ante causam, evitando, così, di costringere l’attore ad instaurare il giudizio di merito nei termini di legge.

Non va taciuto il fatto che il quarto comma dell’art. 1137 c.c., introdotto dalla L. 11/12/2012, n. 220, aveva già (malamente) provato ad ovviare a tanto, ammettendo la proponibilità di un’istanza per ottenere la sospensione della deliberazione prima dell’inizio della causa di merito, precisando tuttavia che tale istanza ante causam non aveva comunque effetti impeditivi della decadenza per la proposizione dell’impugnazione.

Ad oggi quindi, nonostante le summenzionate riforme, l’attore è ancora costretto –per non incorrere in decadenze – ad introdurre nei termini di legge il giudizio ordinario di cognizione, con il quale chiede l’annullamento, anche previa sospensione, della delibera assembleare impugnata.

Sul punto sarebbe, pertanto, auspicabile un correttivo che garantisca che la domanda ante causam di sospensione dell’esecuzione della delibera impugnata interrompa il termine perentorio di trenta giorni di cui all’art. 1137, 2° co. c.c. evitando così l’inutile e dispendiosa instaurazione di un procedimento di merito anche a seguito dell’esito positivo del giudizio cautelare.

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