Tizio, nelle more di un procedimento penale in esito al quale veniva condannato per lesioni aggravate in danno di Caio, Sempronio e Mevio, alienava con un unico atto dispositivo (presuntamente a titolo oneroso) tutti i suoi beni immobili in favore del nipote Filano, dichiarando, in sede di rogito notarile, che il prezzo di vendita pattuito doveva intendersi come già corrisposto prima di allora (tale operazione immobiliare è avvenuta in un periodo in cui non vigeva l’obbligo di tracciabilità dei pagamenti).
Sennonché Caio, Sempronio e Mevio – persone offese dal reato e costituite parti civili – ancor prima del passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna di Tizio, agivano in revocatoria ex art. 2901 c.c. per sentir dichiarare l’inefficacia nei loro confronti dell’atto dispositivo con il quale Tizio alienava al nipote Filano tutti i suoi beni, nel dichiarato presupposto che l’atto fosse stato compiuto in frode ad essi creditori, mancando la prova dell’avvenuto pagamento del prezzo pattuito.
In esito al primo grado di giudizio, il Tribunale adito dichiarava l’inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto con cui Tizio alienava al nipote Filano tutti i suoi beni immobili, condannando quest’ultimo alla refusione delle spese e dei compensi processuali.
Filano proponeva appello avverso la pronuncia del Giudice di primo grado, deducendo, tra l’altro, che l’alienazione dei beni da parte dell’imputato Tizio fosse avvenuta nelle more del procedimento penale allorquando le persone offese dal reato Caio, Sempronio e Mevio non erano ancora titolari di un credito risarcitorio certo, liquido ed esigibile.
La Corte d’Appello di Messina Sez. Civile, chiamata a pronunciarsi sul gravame promosso da Filano, con sentenza n. 300 del 05/04/2023 resa nel procedimento iscritto al N.R.G. 134/2021, nel confermare quanto già statuito dal Giudice di prime cure, ha accolto la tesi difensiva dello Studio Legale Cosentino & Teramo – patrocinatore degli appellati, attori in primo grado – il quale ha sottoposto all’attenzione della Corte il recentissimo principio di diritto secondo cui: “Per l’esperimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. a tutela di un credito risarcitorio derivante da reato è sufficiente l’esistenza di una ragione, o anche di una sola aspettativa, di credito scaturente dai fatti già posti a fondamento del procedimento penale” (Suprema Corte di Cassazione civile Sez. III, sentenza n. 4668 del 15/02/2023).
Inoltre la Corte Messinese, spingendosi oltre il semplice esame nel merito del caso giudiziario sottoposto alla sua attenzione, ha avuto altresì modo di fare propri tutti gli altri principi di diritto che regolano l’Istituto dell’azione revocatoria, così come puntualmente richiamati negli atti processuali degli appellati e che qui appresso, schematicamente, si riportano:
- L’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un credito (anche eventuale) e non anche la sua concreta esigibilità (Cassazione civile sez. VI, 10/01/2023, n.330).
- Il rapporto di parentela tra cedente e cessionario e le modalità dell’atto negoziale – quali il mancato pagamento del prezzo e/o la non congruità dello stesso – sono di particolare rilevanza indiziaria ai fini della prova della scientia o della partecipatio fraudis (Cass. Civ. n. 5649 depositata in data 23/02/2023; Cass. Civ. n. 4175 del 2020; Cass. Civ. n. 12836 del 2014).
- Nel caso in cui l’atto dispositivo oggetto di revocazione sia di per sé idoneo a compromettere la garanzia generica dei creditori (come nel caso di una alienazione contestuale di una pluralità di beni) spettata: A) al debitore cedente dimostrare, in applicazione del principio della vicinanza della prova, la capienza del suo patrimonio (Cass. Civ. n. 21808/2015, Cass. Civ. n. 17096 /2014, Cass. Civ. n. 467/2011, Cass. Civ. n. 24757/2008); B) al terzo, cessionario, fornire la prova dell’avvenuto pagamento del prezzo.
- La datio in solutum, attuata mediante la cessione di beni con imputazione del prezzo a compensazione di un debito scaduto, costituisce modalità anomala di estinzione dell’obbligazione ed è quindi assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria, sottraendosi all’inefficacia ai sensi dell’art. 2901, comma 3, c.c. (Cass. Civ. sez. VI n.14098 del 04/05/2022 – ud. 09/03/2022, dep. 04/05/2022).